giovedì 28 aprile 2011

Wherever you go.

Quegli occhi azzurri. Dello stesso colore dell'acqua del mare dopo una tempesta. Quegli occhi consumati e stanchi dalla gioia di essere ancora qui. Stasera. Insieme. 
Non ci avresti mai sperato. 
Non ci avresti mai creduto qualche mese fa. Sei qui. Con noi. Quegli occhi stasera raccontano le vicende di una vita vissuta intensamente, di ogni singolo battito fermato nel tempo. Quegli occhi che scrutano con avida curiosità ogni cosa, ogni gesto, ogni parola bramosi di scoprirci qualcosa di nuovo, di cambiato e di farlo proprio. Non lasciare che nulla ti scappi stasera. Perchè avresti potuto perdere tutto e invece no, sei ancora qui che poco alla volta ricomponi la tua vita. Quegli occhi sono ogni mio ricordo. Bentornata.

domenica 24 aprile 2011

Mind the gap.

Ci ho provato. Credimi. Mi hai chiesto di restare e io l'ho fatto. Sono rimasta e ho provato a vedere come si stava, cosa significasse essere un pezzo di te, se pur piccolo o quasi insignificante. Ora potrai anche non crederci, ma si stava bene, forse troppo. Anche il condividerti non era poi così male; eppure ne parlo già al passato, come se ormai non ci fosse più posto per me o come se io non volessi più occupare quel posto. E' una questione di principio. Prendila così.

giovedì 21 aprile 2011

Un sospiro.


Parlami. Parlami di un tramonto e dell’ombra di un cigno che nuota tranquillo nel lago, il cielo sfumato d’arancio e di rosa, riflettendosi nell’acqua cristallina, mossa appena dal nuotare del cigno e anch’essa, come uno specchio, si tinge d’arancio e di rosa ed è come se stesse per ingoiare il sole che poco alla volta scompare al di là delle montagne innevate. Il cigno solitario immerge la testa nell’acqua e quando ritorna in superficie è già buio, le stelle iniziano a costellare il cielo. Un sospiro.

mercoledì 20 aprile 2011

Go on.

Stando qua posso vedere ogni cosa.
Se mi concentro riesco a vedere le lacrime nei tuoi occhi che ti offuscano la vista. Le gocce sui rami spogli degli alberi alla sera, dopo la pioggia, quando ormai tutto tace. Posso percepire questa mia fedele compagna che è sempre qui, abita le mie viscere. Poi c'è la tua indifferenza che alimenta le mie stupide illusioni e allo stesso tempo prosciuga la mia speranza. Ancora. Il suono di quel pianoforte un po' stonato e il miagolio di quel gatto alla ricerca di una carezza. La tua voce e le sue guance. Il mio sorriso e il tuo tacito rifiuto. In questa sera vuota in cui fermarsi vuol dire farlo per sempre.

domenica 10 aprile 2011

Monologhi a due.


<< ho sempre saputo di non essere forte. Ho sempre saputo, sin dal giorno in cui per la prima volta l’amore ha bussato alla mia porta, di non essere in grado di gestire tutte queste emozioni che porta con se.
Piccola e immatura.
Così mi reputava mia madre quando entrando nella mia stanza mi trovò con lui. Me lo ripeté così tante volte nei mesi successivi che alla fine me ne convinsi.
Ero piccola, troppo ed immatura, troppo, per conoscere il valore effettivo dell’amore e di quel che comporta. 
Il disonore della famiglia.
La pecora nera.
La vergogna sulle bocche della gente.
Questo mi disse mio padre quando rimasi in cinta del sesso occasionale.
Ed ancora piccola ed immatura, forse questa volta anche un po’ stupida quando decisi di abortire. Se non lo avessi fatto, l’avrebbe fatto il disprezzo sul volto dei miei genitori e allora sarei morta io.
Istinto di sopravvivenza.
Così lo aveva chiamato la psicologa del riformatorio. Mi ero macchiata e mai sarei potuta essere di nuovo pulita come prima.
Non serve scappare.
Mi ha gridato lei prima che il treno partisse.
Piccola ed immatura.
Avevo confermato di esserlo e ne ero consapevole. Ora sono seduta qui, 20 gli anni passati dalla prima volta in cui avrei dovuto crescere, avrei dovuto diventare più forte. Invece no .
Piccola e immatura.
Piccola,  immatura e non ancora pronta ad essere madre.>>

domenica 3 aprile 2011

Capelli color grano.


Eccola. Finalmente era arrivata la primavera. Il sole splendeva in alto nel cielo e tu con addosso un vestitino blu di quelli non troppo pesanti, né troppo leggeri, i capelli color grano sciolti e arruffati come sempre; tutti gli sforzi per domarli erano risultati inutili. Poco più alta di un metro e con le gote ricoperte da migliaia di lentiggini. Ti sei tolta le scarpette da cerimonia che ti avevano arrossato i talloni ed hai iniziato a correre nel prato ben tagliato. Correvi in contro al sole quasi convinta di poterlo acciuffare e racchiuderlo nel palmo di una mano. La felicità. Ecco cosa eri in quel momento. Leggerezza. Quella che solo una bambina che corre tra l’erba può dare. Serenità. Un equilibrio un po’ instabile il tuo, ma un sorriso di zucchero a velo sulle labbra.
< torna qua!>
ha gridato la mamma.
< no, vieni tu qui con me! Corriamo insieme!>
un attimo di esitazione sul suo volto e quasi ci avevi sperato.
< torna qua e non fartelo ripetere..>
così sei tornata indietro con i fili d’erba incastrati tra le dita dei piedi e un sospiro nel petto.