martedì 31 gennaio 2012

Go, jump in the river.

[Avviso di servizio: si ricorda che riferimenti a fatti, cose, persone e luoghi sono puramente casuali.]

Vorrei non essere in grado di parlare quando le uniche parole che affollano la mia mente sono: vai a quel paese, per essere gentili. Vorrei non saper pensare ed avere il totale controllo sulle idee che ogni tanto nascono dal nulla e che poi si trasformano in parole, quelle solite parole: vai a quel paese, sempre per esser gentili. Vorrei non dover guardare, non dover ascoltare. Vorrei non dover essere qui. E ancora vorrei non saper sognare, vorrei poter dimenticare non appena apro gli occhi. Vorrei non dover ricordare. Ricordare di aver cercato altro e invece aver sognato te.
Fottutamente sbagliato. Tutto è fottutamente sbagliato.
Io non dovrei essere qui. Tu non dovresti essere lì. Noi non dovremmo essere così distanti. Eppure lo siamo. Sempre. E io mi uccido di scazzo mentre tu sorridi come se nulla fosse, come se non ricordassi, come se la cosa non ti ossessionasse. Ricordi quelle poche parole? Lo dicevi anche tu: simple but effective.
Le ricordi? Beh, io le ricordo eccome. Ce le ho tutte belle e stampate in fronte. E la gente che mi incontra sembra leggermele addosso, poi giustamente gira i tacchi e se ne va. Poche parole. Per essere gentili ovviamente. Quello sempre. Basta che il concetto sia chiaro.
E smettila. Smettila perchè tanto non rispondo più.
Trovati qualcun altro che sia in grado di resistere perchè io scoppio. Sono esausta, abbandonata al lato della strada. Sono la foto ingiallita, l'intonaco scrostato. Sono satura. Da coma etilico. Hai presente?

domenica 22 gennaio 2012

Push my life today.

[Perchè i post della domenica mattina hanno un non so di che..]

Un piccolo pezzo di felicità. Non una richiesta poi così impossibile. Quel piccolo pezzo di felicità che ti appartiene. Da sempre. Anche quando non ne eri ancora consapevole, lui era lì che aspettava solo che posassi distrattamente il tuo sguardo su di lui e ti rendessi conto che era sempre rimasto là. Per te.
Quel piccolo pezzo di felicità che adesso ti sfugge.
Tra il freddo e la stanchezza, un paio di risate e una birra, di quelle che vanno bevute senza mangiare perchè così le si apprezza di più, hai ritrovato quel piccolo pezzetto a cui ormai avevi rinunciato. Era lì. Come sempre. Per te.
Anche stavolta aspettava solo che tu ti accorgessi di lui.


mercoledì 18 gennaio 2012

Whatever the pain, it's fine.


 Sdraiati. Tu e lui. L’uno di fronte all’altra. Gli occhi sembrano essere una cosa sola. Soli, fuori dalla porta di questa camera e nei corridoi di questo albergo la gente corre, parla, ride, scherza, ma voi, voi siete in silenzio. All’interno l’unico rumore è quello dei vostri respiri.
Lui ti cinge la vita con un braccio, ed un brivido ti sale su per la schiena, cerchi di non farglielo notare, ma ti irrigidisci.
Le vostre espressioni rimangono impassibili. Come concentrate nello scrutarsi a vicenda.
Muovi le braccia lentamente, le porti sulle sue spalle, e poi le fai scendere lentamente sui suoi pettorali, sui suoi muscoli seguendone i contorni. Altri brividi ti pervadono e lasci che ti percorrano quasi in preda al piacere.
Lui ti accarezza il contorno del volto con una mano in una carezza delicata, quasi come se avesse paura di farti male, come se stesse proteggendo qualcosa di prezioso.
Lo guardi, lui fa lo stesso, ti immergi nei suoi occhi e gli sussurri.

- Ti prego amami e fallo adesso –

Un attimo di esitazione. Uno solo. Poi poggia appena le labbra sulle tue.
Ti stringe a se in un abbraccio saldo, ti bacia, ma stavolta con passione, intensamente, ti avvolge, i vostri respiri si affannano e il battito del cuore aumenta inesorabilmente. E tu lo senti sulla tua pelle. Il suo odore, lo annusi e ne rimani inebriata; quasi come fossi ubriaca di lui.

Fuori dal mondo. Completamente fuori dal mondo che vi circonda.
Non siete più voi che vivete in lui, ma è lui che vive in voi.

 [Vecchi post che ritornano in auge.]

sabato 14 gennaio 2012

Just said.

Per chiunque se lo fosse chiesto (pochi, ma buoni!) il "ricciolone" con gli occhi verdi del post precedente è il tipo qui sotto:

sabato 7 gennaio 2012

Memories.


Ecco qua. Niente più ronzii fastidiosi, solo buio e silenzio e lui. Ancora lui. Ancora qua e tu ancora a pensare a lui. Forse dovresti smetterla.
Si, dovresti decisamente smetterla! Magari però un’altra volta, questa non è la serata adatta per i buoni propositi. Lentamente, quasi avesse timore delle capacità della tua mente contorta si affaccia alla memoria il suo sorriso. Ad occhi chiusi lo guardi farsi sempre più nitido. I capelli riccioluti, castani, con quella strana piega di lato, la pelle chiara e liscia nonostante il ricordo risalga al periodo estivo, quasi ne puoi sentire la consistenza sotto i polpastrelli. E gli occhi, quegli occhi in cui da anni sogni di perderti dentro, così verdi e luminosi, così invitanti, dello stesso colore del mare cristallino; il naso, le labbra sottili, morbide, che cercano baci, che donano baci, perfette, e ancora quelle due fossette che incorniciano il viso, se ne stanno lì e spuntano sulle sue guance ogni volta che le labbra si schiudono mostrando due file di denti bianchi e dritti.
Inconsapevolmente lo cerchi nel buio con le mani, tendi il braccio verso quella scintilla nei suoi occhi e ti ritrovi ad abbracciare il vuoto. Una fitta si fa strada tra i ricordi, prepotente giunge fino al tuo petto e brucia, brucia come se ti avessero colpito realmente. Chiudi le braccia attorno al tuo busto e strizzi gli occhi. No, no, no . Non puoi, e non devi. Questo è torturarsi, lo sai quanto male fa, il tempo non aiuta, il tempo stanca, ma a quanto pare tu non lo sei ancora abbastanza da decidere di lasciar perdere, di smetterla a farti dell’altro male. Come stessi partecipando ad una corsa, devi competere con migliaia di altri concorrenti, devi correre a perdi fiato per poter raggiungere il traguardo, ma tu fiato non ne hai più, perché ogni volta è come un pugno nello stomaco, è come rimanere stesi per terra ansimando.
Affannosamente cerchi di sfuggire adesso al suo pensiero, al ricordo di tutte quelle estati e quei natali passati insieme e spostando freneticamente tutto il resto, che ingombra la tua strada, inciampi in qualcosa di meno doloroso.
Fai fatica a fidarti, non lo riconosci, ma sai che non ti farà del male.
Un pomeriggio, un pomeriggio senza baci e senza carezze, quando ancora stentavi a parlare quella lingua che per metà è nel tuo sangue; un pomeriggio caldo e umido, odore di erba appena tagliata e macchine che camminano al contrario. Un paio di mani affusolate ti hanno dato un buffetto sulla guancia quando timidamente da dietro la gonna di tua nonna sei entrata in quella casa sconosciuta, non sapendo che sarebbe diventata anche lei un po’ casa tua, poi un sorriso dolce e ti hanno condotta nell’altra stanza. Lui è mio figlio cara, potete giocare insieme.Tesoro vieni a salutare la nuova arrivata, rimarrà qui per tutta l’estate, falla giocare con te, sono sicura che vi piacerete. E con una leggera spinta ti avevano avvicinata a quella manina paffuta che tesa verso te non aspettava altro se non che la prendessi. Solo pochi istanti da quando per la prima volta avevi incrociato il suo sguardo e già sentivi di poterlo seguire ovunque ti avesse guidato, nonostante i suoi passi incerti.
Ed è di lì che è cominciato tutto. Interi pomeriggi, giorno dopo giorno, estate dopo estate, passati insieme ad essere semplicemente se stessi a sapere di appartenersi in qualche modo. Se dovessi ora cercare un aggettivo da dare a tutto ciò sarebbe: perfetto. Perfetto come poche cose lo sono. Perfetto come le sue labbra che hanno cercato le tue nel blu della notte. Sotto una leggera coperta, guardando le stelle in giardino, distesi su di un piccolo materasso che in due ci si sta stretti abbastanza da dover abbracciarsi per non cadere giù. Un rivolo di vento ogni tanto sbuffava portando con se gli odori e i profumi delle case vicine. Il suo, di odore, e l’incavo del collo che sembrava esser stato fatto apposta perché tu ci appoggiassi la testa. Un bacio, rubato, sulla punta del naso e poi un altro.
E no, no, no . Ci risiamo. Eccola qui, di nuovo, quella fitta dritta al centro del petto. Sembra sia troppo difficile per te ricordare e non infliggersi altro dolore.

Ma questo cos’è? Fa male, lo senti, ma non è qualcosa di insopportabile, non a confronto con tutto il resto almeno. Sono due lacrime che rigano il viso, stavolta è il tuo, ed un oblò minuscolo, che però contiene tutto il mondo visto da lassù. Tutto il tuo mondo che si allontana da te, o forse sei tu che ti allontani da lui, e che diventa sempre più un punto lontano, più simile ad un disegno su di una cartina geografica che a come eri abituata a vederlo tu. Torna presto! ci vediamo a natale, vedrai che questi mesi passeranno in fretta e senza accorgertene sarà di nuovo estate e tu sarai di nuovo qui, con noi. Basta. Apri gli occhi perché non sai andare oltre a quel ricordo. Non vuoi rispolverare anche ciò che c’è stato dopo, per oggi basta così. Sei al limite, barcolli sul margine del burrone, un solo passo falso e vai giù, senza possibilità di risalire, basterebbe anche solo un respiro un po’ troppo azzardato e via, nulla più.

venerdì 6 gennaio 2012

Awake.

Al caldo, sotto questo soffice piumone ti lasci avvolgere dal suo morbido abbraccio. Ti sei liberata di ogni residuo. Dopo aver buttato fuori ogni pregiudizio sei..quasi vuota, ma non è un vuoto solitario, di quelli che pesano, che ti si appendono come un macigno e ti portano affondo, questo è un vuoto leggero, quasi gradevole. Non ti investe come il traffico la domenica, più che altro si limita ad osservare. Ad osservare te che ti muovi al suo interno e cerchi di non cadere, barcollando un po' qua e un po' là.
Ed è proprio in questo vuoto che hai trovato un sorriso (aveva persino quelle adorabili fossette sulle guance) e allora hai capito di non doverti preoccupare, perchè non eri completamente sola, certo non era gran chè ciò che avevi, però potevi dire di averlo trovato. Se ne stava lì, sorridente, come un sorriso sa fare, come solo il suo è.